Parlare di amore politico sembra quasi una provocazione, vista la fase storica che stiamo attraversando, che appare più incline alla discordia politica, per il riemergere di scontri tra nazionalismi a livello globale, per il ritorno di chiusure corporative e per l’idea di una politica autoritaria che vuole imporsi sullo stato di diritto.
Partendo da questa premessa, l’11 aprile 2025 il prof. Vincenzo Musolino ha avviato presso l’Istituto Mons. A. Lanza la sua riflessione sulla figura di Aldo Capitini, pacifista del secolo scorso, teorico della nonviolenza e promotore del dialogo interculturale.
Nato a Perugia, Capitini studio lettere e filosofia all’Università di Pisa, dove si laureò nel 1928.
In quel periodo maturò la sua opposizione al fascismo, divenne vegetariano e inizio a frequentare gruppi di pensatori e studiosi che si ispiravano alle teorie della nonviolenza di Gandhi, e che iniziarono a teorizzare la disobbedienza civile e l’obiezione di coscienza.
Fu un uomo di spirito religioso purissimo, che ebbe come figure di riferimento Cristo e san Francesco, ma fu molto critico nei confronti della chiesa cattolica e non tollerò mai la stipula dei patti Lateranensi.
Nella visione sociale di Capitini, tutti gli individui, anche le persone apparentemente più umili, o più deboli, possono apportare il proprio contributo al progresso della cittadinanza e al bene comune, perchè sono tutti compartecipi della comunità in cui vivono.
Il prof. Musolino ha ricordato e consigliato la lettura della prima opera filosofica di Capitini, pubblicata nel 1936 grazie all’interessamento di Benedetto Croce, “Elementi di un’esperienza religiosa”, in cui l’autore riaffermava i principi della nonviolenza, della responsabilità e della resistenza passiva intesa come non collaborazione con chi agisce ingiustamente.
In seguito fu promotore dei centri di orientamento sociale, luoghi di libero confronto e scambio di idee, aperti a tutti, che costituirono un esempio di coinvolgimento sui problemi politici e sociali e di partecipazione democratica diretta.
Capitini era convinto difatti che la politica non potesse ridursi al momento del voto e alla delega, e sosteneva la omnicrazia, come forma più avanzata di democrazia, ossia un sistema organizzativo che offrisse a tutti la possibilità di partecipazione e discussione e un confronto costante tra cittadini e istituzioni.
Inoltre teorizzò il transpartitismo, in opposizione alla contrapposizione partitica e allo scontro politico.
Gli insegnamenti di Capitini, figura che viene ricordata come una delle principali voci del pacifismo italiano, possono rappresentare ancora oggi un monito contro la deriva autoritaria delle democrazie.